Onorevoli Colleghe e Colleghi! - Tutte le ricerche indicano che le famiglie con abitazioni in affitto hanno, in gran parte, redditi medio bassi che sono assolutamente incompatibili con il mercato privato. L'intervento pubblico nelle politiche abitative, limitato all'edilizia residenziale pubblica, si è rilevato inadeguato sia dal punto di vista quantitativo (esiguo il numero di alloggi offerti) che qualitativo (il livello dell'offerta e i soggetti a cui si rivolge).
Prendendo a riferimento l'Europa, inoltre, non si può non rilevare che in tale contesto l'intervento pubblico nelle politiche abitative è questione assai più importante che in Italia. Non a caso l'Italia detiene il triste primato di essere il fanalino di coda dell'Europa nell'offerta di alloggi a canone sociale. In questo caso i dati parlano chiaro; per ogni 100 famiglie, risultano in abitazione con affitto a canone sociale: in Italia 5; nel Regno Unito 26; in Olanda 36; in Francia 18; in Austria 23; in Svizzera 24. Quindi, la media europea delle famiglie in abitazioni con affitto a canone sociale è di 16 famiglie su 100. In Italia siamo tre volte sotto la media europea.
È da sottolineare, altresì, che in Europa la spesa per la politica sociale della casa è dieci volte superiore a quella del nostro Paese; anzi con le ultime leggi finanziarie siamo giunti, di fatto, a una spesa pari a zero. Questo diviene, nella realtà, un elemento di forte disuguaglianza e di arretratezza dell'Italia rispetto all'Europa.
Al trasferimento alle regioni delle competenze in materia di edilizia residenziale pubblica non è seguito alcun trasferimento di risorse. Il risultato di tale «innovazione» è devastante: le regioni dovrebbero intervenire non per sostituire proprie imposte a imposte alle quali lo Stato rinuncia, bensì, istituirne delle altre. Ciò non
a) la definizione di un finanziamento certo per la politica sociale della casa pari almeno all'1 per cento del bilancio dello Stato da stabilire nell'ambito della legge finanziaria;
b) il pieno utilizzo delle rimanenze dei fondi ex GESCAL, pari ad almeno 15.000 miliardi delle vecchie lire, reintegrando le risorse sottratte incostuzionalmente alle regioni. Tale piano deve prevedere la piena disponibilità per le regioni stesse e per gli altri enti locali di utilizzare le risorse anche per l'acquisto e l'affitto diretto di alloggi già costruiti;
c) il mantenimento delle strutture di gestione nell'ambito pubblico impedendo ogni privatizzazione del settore;
d) la garanzia del principio del canone rapportato al reddito dell'assegnatario e del canone sociale per i redditi più bassi;
e) l'ampliamento dei soggetti destinatari dell'intervento pubblico;
f) l'indirizzo a favorire, nella costruzione e nel recupero degli immobili, l'utilizzo di materiali ecocompatibili e di fonti di energia rinnovabile, nonché la rimozione delle barriere architettoniche;
g) la specificazione dei compiti dell'Osservatorio della condizione abitativa, istituito ai sensi dell'articolo 59 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Come appare evidente, anche se esposto in estrema sintesi, con la proposta di legge che presentiamo all'attenzione del Parlamento intendiamo porre una questione rilevante che attiene a una impostazione strategica relativa all'avvio di una vera e articolata politica abitativa, che non può non avere come asse prioritario la questione del ruolo di promozione dell'intervento pubblico.